Ridurre l’incertezza e la frammentazione, garantire risorse per le politiche sociali, promuovere la presa in carico unitaria, favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro organizzazioni. Per il Forum la riforma del welfare lombardo può partire da qui.
Dagli insegnamenti del territorio le indicazioni per risposte solide, universali, partecipate ai bisogni e ai desideri della persona e delle comunità
il Forum del Terzo Settore – Lombardia, in quanto espressione delle organizzazioni del terzo settore della regione, non può e soprattutto non vuole esprimere opinioni e posizioni pro o contro qualcuno ma può e vuole contribuire con analisi e proposte alla costruzione di un welfare capace di accogliere complessivamente bisogni e desideri della persona, partecipato dai cittadini, sostenibile, ancorato al territorio. Il nostro non è un esercizio accademico ma il frutto delle esperienze che abbiamo maturato negli anni. Con questo spirito abbiamo promosso la campagna Senza welfare non c'è futuro, non c'è sviluppo e sulla base dei dieci incontri che abbiamo realizzato nei territori della Lombardia vi proponiamo le considerazioni che seguono.
Centralità della persona
Tra il 2007 e il 2008 abbiamo avuto modo di concorrere alla definizione della legge regionale in seguito approvata come legge regionale 3 del 2008. La centralità della persona fu l'azimut delle nostre posizioni e dei nostri contributi. Tale strategia portò ad avere una legge certo migliorabile ma che comunque ha rappresentato e rappresenta un importante punto di partenza per il welfare lombardo.
Procedure e linee di governance della L. R. 3/2008: per l'applicazione del principio di sussidiarietà.
Il modo in cui la Regione ha implementato la legge regionale 3 del 2008 e in particolare l'attuazione delle disposizioni per un effettivo coinvolgimento degli attori è stato l'elemento di criticità che ha frenato la capacità di protagonismo, di giocare un ruolo attivo, di dare un contributo da parte dei cittadini al sistema delle risposte ai bisogni sociali. Tanto a livello regionale quanto a livello territoriale abbiamo avvertito quasi una diffidenza delle Pubbliche Istituzioni verso la partecipazione delle autonomie sociali e più in generale dei cittadini nella definizione delle politiche, sicuramente una difficoltà ad aggiornare processi e strumenti di determinazione delle scelte di pubblico interesse in grado di prevedere il concorso dei corpi intermedi. Il risultato non è solo che il modello di governance su cui si basa l'applicazione e l'implementazione della legge è uno dei principali nodi critici del welfare regionale, ma anche e soprattutto che le capacità di intraprendere e le possibilità di sfruttare le energie derivanti dalla disponibilità dei cittadini e delle loro espressioni organizzate sono state ignorate quando non oggettivamente ostacolate.
Sarebbe stato ed è tuttora necessario un ruolo attivo del decisore politico e di tutta la pubblica amministrazione perché quelle risorse diventino capitale da investire per innovare il welfare regionale. Al dovere che la Costituzione e lo Statuto regionale prevede per "Stato, Regioni, Province, Comuni, città metropolitane" di "favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini" deve corrispondere l'assunzione di un ruolo attivo della politica.
Il terzo settore ha riconosciuto l'assenza di adeguate funzioni di indirizzo e di governo del welfare regionale nell'evanescenza delle sedi e dei momenti di confronto sulle politiche e nella loro implementazione e applicazione.
Tale assenza ha portato a un quadro nel quale il vuoto determinato dalla progressivo sottrarsi della politica da compiti e funzioni di governo è stato occupato da funzioni amministrative che non potevano e non ne hanno sostituito il ruolo. Un'assenza che, sommata a un'oggettiva inadeguatezza del sistema di welfare e a una drammatica riduzione della spesa sociale, ha determinato sul territorio incertezza e confusione.
A questi fattori (endogeni) se ne affiancano di esogeni che probabilmente potevano essere letti in anticipo: magari se ne potevano prevenire gli esiti più critici. Sta di fatto che le criticità originate dagli antichi e strutturali problemi del nostro modello di welfare e quelle prodotte dalla crisi del modello economico e sociale non solo non hanno trovato un argine nel welfare della Lombardia ma sono stati spesso amplificati dall'incertezza che nei territori deprime la capacità di intraprendere che ha sempre caratterizzato il terzo settore della Lombardia e moltiplicati dalla frammentazione indotta da politiche regionali che hanno indotto alla competizione e non alla cooperazione.
Reagire a questa situazione è possibile a condizione che si riducano l'incertezza e la frammentazione e questi sono due obiettivi che la Lombardia può e deve porsi. Ridurre l'incertezza significa definire quali diritti sociali il welfare rende esigibili ed esplicitare l'orizzonte cui guarda la riforma del sistema delle risposte ai bisogni sociali; la frammentazione si combatte favorendo il protagonismo del territorio e con una politica di allocazione delle risorse che vada incontro alla voglia di partecipare dei cittadini.
Un meccanismo di connessione basato su di un'effettiva presa in carico.
La presa in carico è il primo passo per combattere la solitudine della persona dei suoi vicini e cari; uno strumento necessario per mettere in relazione il bisogno con la risposta più adeguata; un fondamentale meccanismo di connessione per costruire un welfare efficace ed efficiente.
Non lasciare sole le persone, le loro famiglie e i loro cari non è solo un dovere dello Stato ma è il primo ineludibile passo per combattere incertezza e frammentazione e per riorganizzare il sistema di produzione e offerta delle risposte in modo che sia più capace di adeguarsi all'evolvere dei bisogni e di ottimizzare l'uso delle risorse. Approntare meccanismi di presa in carico effettivi ed efficaci (e la presa in carico se non è effettiva non può essere efficace) è la condizione necessaria perché si attivi l'autonoma iniziativa dei cittadini. Lavorare sulla presa in carico è necessario per costruire un meccanismo di connessione fra domanda e offerta ed è la condizione perché il sistema dei servizi e delle prestazioni (dell'offerta) sia capace ad adeguarsi all'evoluzione dei bisogni (alla domanda)
Protagonismo del territorio per un'efficace programmazione del sistema di risposte ai bisogni sociali
Ma a questo nostro ragionamento è necessario aggiungere un secondo passaggio: al miglioramento dei meccanismi di presa in carico che riportano al centro la persona (sia per i bisogni quanto per le risorse di cui è portatrice) deva affiancarsi una conseguente politica di allocazione delle risorse. Politiche che consentano alle comunità di intraprendere e sperimentare soluzioni nuove perché in grado di rispondere meglio (in termini di efficacia o di efficienza) di soluzioni consolidate o perché in grado di dare risposte a bisogni che prima non ne avevano.
L'esigenza che avvertiamo come organizzazioni di terzo settore è quella di avere un chiaro orizzonte di senso per la riforma del welfare, di definire le sedi (che non possono che essere fortemente ancorate al territorio) dove poter programmare la riorganizzazione di ciò che o non funziona o è fonte di spreco. Una cornice di certezze e condizioni che favoriscano e incentivino gli investimenti di energie, capacità e risorse nella sperimentazione di risposte più efficaci e sostenibili ma soprattutto per favorire lo sviluppo delle relazioni fra lavoratrici/lavoratori e utente perché la qualità dei servizi sociali è la qualità di quella relazione.
Sergio Silvotti, Portavoce Forum Terzo Settore Lombardia