Riforma del Terzo Settore: Una sezione dedicata

Il venticinque di maggio la Camera dei Deputati ha approvato, in via definitiva, la legge delega di riforma del terzo settore. Il Parlamento consegna così al Governo il compito di emanare nei prossimi dodici mesi le norme affinché finalità, principi e criteri della legge trovino applicazione.

Il riconoscimento giuridico

Una valutazione compiuta dell’azione di riforma sarà possibile quindi solo a valle dell’approvazione delle disposizioni applicative ma un risultato fondamentale la legge l’ha già segnato: il riconoscimento giuridico del terzo settore e della sua funzione pubblica.
Colma una lacuna incomprensibile del nostro ordinamento: non vedere il contributo essenziale (di cui non si può fare a meno) che da sempre l’agire associato e l’autonoma iniziativa dei cittadini danno ai singoli, alle comunità, all’ambiente, alla cultura, allo sviluppo sostenibile.
Un importante passo avanti di cui va dato merito al legislatore ma anche al terzo settore che con continuità e determinazione ha lavorato per questo risultato dimostrando di saper analizzare la realtà e interpretarne i cambiamenti.

Due compiti

La fase che si apre ora ci propone due compiti.
Da una parte interpretare un’azione attenta e puntuale per la migliore definizione delle disposizioni applicative e per essere efficace questo impegno non può che avere un unico luogo di imputazione e di interlocuzione con il Governo: il Forum nazionale del Terzo Settore.

Dall’altra spiegare il valore del cambiamento introdotto con l’approvazione della legge al fine di sviluppare culturalmente e socialmente la consapevolezza sul ruolo che d’ora innanzi anche ufficialmente si deve dare alla cittadinanza attiva e questo è un obiettivo credibile solo se è di ciascuna organizzazione e di tutto il terzo settore.

 

Vedere nei cittadini una parte delle soluzioni

Un cambiamento ampio e profondo e che proviamo a sintetizzare in una frase: vedere nei cittadini e nelle comunità una parte delle soluzioni e non più dei problemi (della società, del territorio, del patrimonio artistico e culturale).
Qual è la finalità della legge di riforma del terzo settore è scritto nelle prime quattordici righe: “Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini […] il Governo è delegato ad adottare […] uno o più decreti legislativi in materia di riforma del terzo settore.”

 

Definizioni

Il Parlamento nello sviluppo del testo provvede a dare una definizione giuridica di terzo settore, definisce principi, criteri e obiettivi per la revisione delle norme civilistiche e fiscali, per la riforma del servizio civile in “Servizio Civile Universale” e per quella “dell’impresa sociale”.

Scopo

Lo scopo di questa azione di riforma è quindi quello di riorganizzare il complesso degli enti di terzo settore affinché interpretino al meglio il ruolo di strumenti ed espressioni dell’energia rappresentata dall’autonoma iniziativa dei cittadini; contando sul fatto che questa energia può “perseguire il bene comune”, “elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale”, favorire “la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona” e valorizzare “il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa”.

 

Chi persegue gli obiettivi

Obiettivi fondamentali che realisticamente lo Stato da solo non può perseguire e per questo motivo si ritiene necessario intervenire sull’ordinamento perché anche soggetti privati, quelli con finalità pubblica in cui si manifesta e rappresenta il contributo che può venire dai cittadini, possano concretamente contribuire per il loro raggiungimento. Un indirizzo e una strategia che ritroviamo già nel dettato costituzionale quando all’articolo 3 -citato espressamente nel testo della legge di riforma- dice che “… è compito della REPUBBLICA [non solo dello STATO] rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …”.
Finalità essenziali, obiettivi importanti e strategia impegnativa.

Il dibattito continua

Il dibattito di questi mesi, all’interno del Parlamento e fuori -tra di noi-, si è ovviamente concentrato sulla domanda se e in che misura le misure ipotizzate dalla legge sono in grado di rispondere adeguatamente alle attese. Se da una parte i più ritengono che per la riforma del servizio civile si sia imboccata la strada giusta per quanto riguarda il riordino e la revisione della disciplina del terzo settore e il suo codice unico la strada da fare è ancora molta. Dovremo ancora approfondire e scuramente aspettare la produzione dei decreti legislativi -la cui scrittura è delegata al Governo- per una valutazione più compiuta.

I documenti di analisi che troverete nell’area che il Forum del Terzo Settore – Lombardia ha dedicato a questo percorso di riforma, così come quelli che potete trovare sul sito del Forum nazionale e su http://www.infocontinuaterzosettore.it/ offrono elementi di analisi e chiavi interpretative.

Per questi aspetti, come si diceva è ragionevole sospendere il giudizio sulla legge ma se torniamo alle sue ragioni di fondo, le finalità, è evidente che non solo non è il caso di sospendere il dibattito ma che è necessario farlo crescere.

Un mondo in cui il processo di globalizzazione cresce, e deve crescere di pari passo con la necessità di riconoscere effettivamente dignità e protagonismo a ogni persona non può concedersi il lusso di rinunciare al contributo di ciascuno e di tutti. La cultura e la storia che ha prodotto le organizzazioni di terzo settore portano con sé questa consapevolezza.

 

Rapporti efficaci

Sulla base di questa consapevolezza il terzo settore ha voluto incessantemente e con caparbietà un rapporto più efficace con le Istituzioni Pubbliche e le realtà del mercato perché le risposte ai bisogni sociali fossero lo strumento per l’effettivo esercizio dei diritti: per questo spesso è stato ignorato e anche condannato; denunciando il saccheggio dell’ambiente si è mosso con tutte le sue forze contro lo spreco e per tutelarlo: per questo è stato accusato di essere un nemico dello sviluppo; impegnandosi per la promozione della cultura, per la valorizzazione del patrimonio storico e artistico si è trovato troppo spesso solo e inascoltato.

Raggiungere l’obiettivo di affermare pubblicamente che nelle organizzazioni di terzo settore si esprime l’energia dei cittadini “parte della soluzione” era necessario ma non sufficiente: bisogna chiedersi qual è la fonte di questa risorsa.

La legge approvata il venticinque di maggio ha l’esplicito obiettivo di incentivare l’impiego di questa risorsa innanzitutto nelle risposte ai bisogni sociali ma, in prospettiva, anche nella promozione della salute, nella tutela dell’ambiente, nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale sia materiale sia immateriale e dipenderà dai decreti legislativi delegati al Governo se la sua traduzione applicativa sarà più o meno efficace.

Art 1. Finalità: un dibattito da tenere vivo

Non interviene direttamente sul perché abbiamo a disposizione queste risorse, su come si generano, cosa ne ostacola o favorisce lo sviluppo ma segna comunque, perlomeno con l’articolo 1 sulle finalità, il punto di avvio di un dibattito che sta a noi tenere vivo. Sul valore che ha in sé a prescindere dai suoi impieghi.

Un valore evidentemente connesso allo spirito di comunità che muove tante e tanti a mettersi a disposizione degli altri, dell’ambiente, dei beni comuni. Una risorsa che cresce al rafforzarsi delle forze di coesione e al rafforzamento dei legami sociali. Un’energia che si moltiplica innovando il sistema di relazioni sia livello macro (fra Pubblico, privato for profit e terzo settore) sia a livello micro (rafforzando i legami mutualistici o solidaristici).

Da questa prospettiva la legge delega di riforma del terzo settore è l’apertura di un fondamentale confronto popolare sul futuro delle nostre comunità, sulle forme di convivenza e di partecipazione alla vita pubblica.

Un dibattito ineludibile perché la costruzione di uno sviluppo sostenibile, la cura e la promozione dei beni comuni siano frutto di scelte democratiche e partecipate.

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